24/11/10

Città e città

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"Alcune città sono letterarie e altre no, come esistono regioni che devono il loro sviluppo a una linea ferroviaria che le attraversò in tempo, mentre altre rimanevano chiuse nella loro geografia da calesse e mulattiere. Talvolta tutto dipende dall'impegno messo in atto da uno scrittore o da un gruppo di scrittori e talaltra dalla materialità stessa della città, dalla sintassi della sua memoria o della sua fisicità, dalle sue archeologie, dalle sue genti. Appare chiaramente come Barcellona diventi a un tratto letteraria nel XIX secolo, una città capace di essere immaginata e di generare un immaginario barcellonese trifronte: la città-capitale vedova e romantica di un impero perduto avrebbe prodotto una gamma di odi nazionaliste; e la città capitana di una rivoluzione industriale di lotte sociali e di prodigi per ricchi avrebbe sublimato una narrativa calata a fondo nelle contraddizioni sociali. La città peccatrice, portuale, oscuramente minacciosa, sarebbe rimasta in attesa che gli scrittori francesi vi arrivassero per codificarla: Carcò, Pieyre de Mandiargues, Genet. Come appendici importanti della sua vita, la Barcellona capitale della retroguardia repubblicana posò per Orwell, Malraux, Claude Simon e quella Barcellona rimase celata nella memoria dei vinti fino a quando, dai loro esilii, recuperarono questo immaginario.

    Sono molti i romanzieri che dopo la guerra utilizzano il materiale urbano barcellonese come riferimento fondamentale, forse afflitti da una certa incapacità di patriottismo maggiore di quello composto dai cantoni principali della città o di un quartiere. L'"eccitante letterario" di Barcellona proviene da una particolare relazione spazio-tempo, relazione diacronica e sincronica. Questa città ha storicizzato il meglio del suo passato e ha creato uno spazio barcellonese convenzionale però vivo, pieno di barricate, puttane bevitrici di assenzio, Gaudí varii, sofferenze etiche, ricchi light, poveri solidi, occupanti, occupati, umiliati, offesi... e tutto ciò in una scenografia piena di meraviglie piccine e prossime, a venti minuti di distanza tra le puttane bevitrici di assenzio e i signoroni dei Jardinets dei bei tempi dei signoroni e dei Jardinets. Questa relazione spazio-tempo si colloca nel tempo convenzionale di circa centocinquant'anni di storia e in pochi chilometri quadrati di territorio in cui ci fu di tutto e tutto accadde durante i giorni lavorativi e le domeniche in cui tutti quanti andavano alla Rambla a posare per George Sand o per le televisioni europee avide di olimpicità."
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 (Perifrasi sulla costruzione e decostruzione di Barcellona, Manuel Vàzquez Montalbàn)

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