18/04/10

Qualcosa aldilà

"(...) Mi impressionano molto di più le creazioni di forme, nelle quali la natura anticipa l'arte, oppure la segue, come se volesse dimostrare che natura e arte sono la stessa cosa, che anche il fuoco ha i suoi Fidia, i suoi Bosch, Michelangelo e Rembrandt e Goya e Doré. Questo desiderio della forma percorre, senza tregua, la vita del mondo, attraverso decine di migliaia di anni, fino ad oggi. (...)
A Dimmuborgir, presso il lago Myvatn, trionfa follemente il grottesco e il contorto. Le invenzioni della lava, che hanno appena duemila anni, rivelano forme zoomorfe, come orribili animali delle origini o grifoni araldici del Medio-Oriente o lupi o balene, collegati fra loro in intrecci fantastici. Sembrano palazzi romanici appena crollati, o cattedrali del tredicesimo secolo, con portali arcuati in colori diversi. Spesso, in mezzo alla lava, c'é un grande foro, come se la natura ci invitasse a veder qualcosa aldilà - non sappiamo se acque, nuvole o uccelli, o mostri. Talvolta la costruzione si arresta a metà, perché il fuoco, come Michelangelo vecchio o Rodin, ama il non-finito. A Dimmuborgir, la natura sogna, delira, ha incubi, come un poeta romantico che viveva d'oppio o di hashish.
Noi tutti pensiamo che la lava sia sterile e desolata: la cosa più sterile della terra; e certo le pianure di cenere e pomice escludono perfino la più lontana ipotesi che una goccia di vita possa fertilizzarle. Così pensava Leoparti nella Ginestra, davanti ad un altro vulcano, il Vesuvio. Ma aveva torto. La lava recente é sterile: ma se passano migliaia o decine di migliaia di anni, il veleno del magma si attenua, si forma uno strato di terra, e la lava si copre di coltri foltissime, umide e dolcissime di muschio, come se il fuoco pietrificato fosse la vera sede della umida vita.. (...)"

(Pietro Citati, Nel mistero dell'Islanda la Terra dei mostri fatta di ghiacci e fuoco, la Repubblica, sabato 17 aprile 2010)

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