06/03/09

Presagi di fine inverno

Per tanto tempo non ho capito dove mi portavano le ombre fredde dei pomeriggi di fine inverno. Avvertivo strani presagi ed era tutto. Due giorni fa nonostante mi trovassi in un crocevia tra i più trafficati di questa città dove anche la fretta è arte, il semaforo rosso sul viale principale ha sospeso il divenire insieme al frastuono.
Ho cercato riparo dal soffio gelido della prima sera lì a qualche passo ma ovunque l'aria era ugualmente pungente, sebbene l'odore che rivelava posandosi sul viso fosse già quello degli ultimi raggi aranciati del giorno dritti contro gli occhi e lunghi, diversi metri sotto i passi. Bagliori caldi ormai solo nel colore che anticipano inspiegabilmente la primavera. Di fronte a me il verde dell'erba appena smossa dal vento in un piccolo giardino, poi un fruscìo prolungato più intenso. Ho guardato su in alto. Le chiome dei pini mediterranei, mi è sembrato si espandessero al punto da occupare l'intero spazio del cielo. Ed è stato proprio così, guardando in alto, che finalmente ho capito dov'ero. Camminavo su un viale alberato e quasi deserto, era quel pomeriggio del mio cappotto disteso sul prato, quanto freddo, quando tornando era ormai sera che per poco non chiudevano i cancelli. Le ville di Roma non chiudono alle sei o alle sette, ma all'ora del tramonto.

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