24/09/11

Vari gradi di densità

Ho finito la vaschetta di stracchino che avevo cominciato l'altro ieri, ho sgranocchiato un numero imprecisato di fette biscottate. Ho dovuto forzarmi e mettere via il pacco, avrei potuto finirle, erano quelle che preferisco: cotte poco soprattutto sul bordo, con una strisciolina bianca un pò più all'interno che si sente bene sotto i denti. E' una specie di merenda che posso, anzi sembra io debba concedermi quando poi la sera pedalo in piscina. Ma devo essere certa di mangiare la quantità giusta di cose che si volatilizzeranno dal mio stomaco entro due ore o potrei uccidermi. Così dovrebbe andare bene. Mentre Giorgia grida i suoi ordini pedalo respiro forte e sento dolore alle gambe. Di solito mentre lo faccio e continuo fino a che poi mi sembra di non farcela, fisso le scritte che ho davanti come un'ossessa finchè non spariscono.  M A N U B R I.  CAVIGLIERE. Lettere, segni che si sciolgono ai bordi, che sfuggono alla mente, parole che dimentico. Spesso mi chiedo come mai anche così la grande voragine non si riempie. Il cibo quando anche credo possa farlo mi annebbia solo la mente, come l'alcol. La pesantezza mi rende apatica e spenta. Voglio sentirmi leggera. Mentre il corpo si insinua nell'acqua sembra tutto più sopportabile. Ma contemporaneamente dei fili di disperazione cominciano a invadermi sottili dall'interno. Io credo che il centro dell'orrore, della sensazione senza nome, dell'insostenbile, si trovi in qualche punto delle viscere tra lo stomaco e il pancreas. Immancabilmente penso che solo dei pensieri con una forma compiuta potrebbero aiutarmi in quel momento in cui sembro al limite delle mie forze, ma non ne trovo. Chiamo in aiuto le menti di altri, visualizzo volti, pagine, concetti, pezzi di frasi. Tutto sfugge come nebbia. La disperazione mi afferra e cerco di sentire la sostanza al di là di questa irrealtà. L'acqua scende a fiotti dentro la voragine, e respiro, ma continuo a vedere tutto attraverso le trasparenze azzurre e ondeggianti, e il vuoto resta vuoto. Mi piace sentire gli schizzi delle bracciate dietro di me mentre si allenano per le gare. Sembra che sia quel procedere avanti e indietro delle teste gommate alle mie spalle, le schiene che scivolano sulla superficie dell'acqua, gli schianti dei tuffi e delle gambe a farmi sentire calma. Spesso mentre pedalo la piscina sembra diventare un mare, si erge e ci avvolge un fragore sordo, grandi fiotti liquidi mi schiaffeggiano sulla schiena e il collo, e mi giro, guardo le bocche deformate spingersi fuori dal pelo dell'acqua in cerca d'aria, gli occhi svuotati, le bracciate vincere la resistenza liquida che sembra farsi gomma sotto la spinta dei muscoli con una potenza positiva. La viscosità dell'acqua mi scivola intorno alle gambe, alla vita, sbatte su braccia, dita, seni. Cerco di non pensare, di pedalare, di sentire l'acqua, i corpi, di aver bisogno solo d'aria.

2 commenti:

Lars W. Vencelowe ha detto...

"Io credo che il centro dell'orrore, della sensazione senza nome, dell'insostenbile, si trovi in qualche punto delle viscere tra lo stomaco e il pancreas"
Dovrebbe essere il Il Nabhi chakra (o Manipura chakra, che però sarebbe il centro del benessere. Forse il tuo chakra funziona poco, non saprei però dirti meglio perché sono concetti un po' tanto lontani dalla mia formazione.
Perché poi mi hai fatto venire in mente questa roba qua, proprio non saprei.
LWV

Elena ha detto...

Anch'io ne so poco o niente di tutto questo, Lars, ma mi hai incuriosito e sono andata a leggermi qualcosa.
Ho letto che questo chakra ha anche a fare con la realizzazione del Sè e con la capacità di fare progetti e di portarli a termine. Si. Il mio chakra è difettoso. Potrei cercare di scoprire se si può aggiustare o almeno potenziare un pò..