22/01/11

Oblio - Le domande annidate e l'obesità letteraria


 Il gioco dei ruoli nascosti, delle maschere, di gruppi annidati in altri gruppi, del controllato che controlla il controllore per cui alla fine non si sa più chi controlla davvero chi e cosa mi  suggerisce di ripensare a Paul Auster e ai suoi labirinti pieni di specchi. I labirinti di Wallace però sono incredibilmente affollati. Qui è tutto forse non più ossessionante nella sostanza quanto nella forma. Urla mute alla presa di coscienza di quanto sia illusoria l'idea congenita o misteriosamente inoculata della propria centralità. Scene collettive dominate dal caos dell'incomunicabilità e della mancanza di punti di riferimento credibili, simili a moderni gironi danteschi in cui dominano lo smarrimento e la confusione tra realtà e raggiro psico-mediatico.

Ci sono domande e anticipazioni "annidate". A pag. 17 di Mister Squishy, il primo racconto di Oblio - edizione Einaudi Stile libero Big - :

"Bisognava lavorare ai piani alti per qualche tempo prima di notare la leggerissima oscillazione con la quale la struttura dell'edificio si adattava ai venti che provenivano dal lago. - Domanda: che cos'è per l'esattezza il polisorbato 80? - Schmidt aveva motivo di credere che nessuno del Focus Group avvertisse quell'oscillazione. Era talmente impercettibile da non provocare il minimo movimento nel caffè o nel contenuto delle tazze contrassegnate dal simbolo poggiate sul tavolo dentro le quali Schmidt, che stava in piedi ruotando il pennarello nella mano con un fare distratto indice di un atteggiamento informale e di un leggero nervosismo più che umano davanti a gruppi, riusciva a spingere lo sguardo."

Ho cercato in rete polisorbato 80. Ho trovato diversi articoli e discussioni sull'argomento, da cui emerge soprattutto che la sostanza e l'uso che ne viene fatto nell'industria cosmetica e alimentare nonchè in medicina (vedi la composizione di alcuni vaccini "di ultima generazione" almeno in Italia, a differenza di altri paesi per esempio gli Stati Uniti) sono alquanto controversi. Questo credo risponda all'eventuale domanda sul perchè di quella domanda.

Ci sono frasi lunghe all'incirca una pagina, la prima tra pag. 29 e pag. 31. In seguito mi sono trovata invischiata in altre. In un caso che andrò a ricercare, per quanto abbia tentato ostinatamente di seguire la consecutio temporum e tutti i vari gradi di subordinazione delle proposizioni non sono riuscita a giustificare il senso di qualcosa che  potrebbe anche essere l'effetto di una traduzione deformante. Questo per dire che alla fine ho gettato la spugna (gli occhiali) su quella frase. Il significato di questa obesità letteraria di Wallace, che è anche il succo delle critiche più frequenti nei confronti della sua scrittura, qui come altrove quando la materia trattata ha un peso specifico consistente, sta in una scelta linguistica che diventa essa stessa sostanza, o nè è strumento, travalicando la questione dello stile. Sotto questo aspetto è come se Wallace si collocasse su un piano simmetrico rispetto al minimalismo di Carver (che riprenderò a leggere subito dopo aver terminato la lettura di Oblio, per riprendere anche i sensi. (Il fatto che continui a leggere Wallace e a parlarne da qualche anno non significa che ne esca indenne)).

4 commenti:

Hackmuth ha detto...

E' come se Wallace riempisse con la scrittura tutti i vuoti che aveva dentro e che l'hanno portato al gesto estremo di qualche anno fa. Scrittore ipertrofico, ma geniale, mi ha colpito come pochi altri. Credo che la lettura di "Infinite jest" sia ancora adesso una delle stelle che porto appuntate al petto con orgoglio. Perché è facile perdersi in quel gorgo infinito che è quel romanzo. Ma anche ritrovarsi.

Ciao,

Hackmuth

Pierluigi ha detto...

Non se ne esce indenne, vero. Per me è complicato leggere wallace, molto complicato, una fatica immane leggere quel prima racconto lungo.

Elena ha detto...

Francesco. Infinite Jest è un baratro. E un testamento. Devo ancora riprendere le "ultime" duecento pagine + note. Ma non ha richiesto uno sforzo così grande in tutte le sue parti, quanto per tenerle tutte insieme, per orientarsi. E per sopportare tutta quell'angoscia, e l'incomunicabilità. Il primo racconto di Oblio è veramente difficile da leggere. A volte mi viene da chiedermi se sia necessario affrontare tutta questa difficoltà. Ma non ho mai avuto il minimo sospetto di raggiro, o di divertimento stilistico. E alla fine mi rispondo che è tutto materiale, non è una scatola. E' tutto indispensabile.
Ciao Hackmuth.

Elena ha detto...

Pierluigi. E' complicato. E' faticoso, si torna ammaccatti. Anche per tutto quello che impietosamente ci costringe ad ammettere, a guardare in faccia. Certe aberrazioni sarebbe più facile fingere di ignorarle o farle passare come qualcosa di inevitabile. E il futuro che ci prospetta non è che si possa considerarlo la malata fantasia di un pazzo. E' un visionario troppo intelligente depresso e probabilmente drogato e/o alcolizzato. Ma (purtroppo) non un pazzo.