22/11/10

Il sospetto

Una volta me lo sarei chiesto, forse l'avrei chiesto persino a te, mia cara.
 - "Ce la farei a sopportarmi sentendomi parlare con questo mio tono livellato? Vedendomi ridere senza un pò di luce negli occhi, forse anch'io a lettere volutamente sibilanti? Quale elemento rilevante potrebbe mai essere letto nelle mie smorfie, in frasi affrettate per togliermi d'impaccio.. I movimenti, il tono della voce, dio mio, il tono! Ci sarà mai un giorno in cui riusciremo a non essere un modo, a non dire cose di altri, a non ascoltare cose esclusivamente nostre?"
Tu avresti avuto una risposta e forse non mi sarebbe piaciuta. Lo sguardo serio, ma io sospettavo di quel tuo avere sempre una risposta, qualunque fosse. Avere sempre una risposta non è mai stato per me, e non ho mai creduto completamente a chi è sicuro di averne una per ogni cosa. Oggi dovrei dire che hai avuto ragione tu. Ma esistono persone che si comportano in modo da non contraddirsi mai, per semplice cura di non smentirsi, e così... Eppure per me eri l'unica realtà che riuscisse a starmi contemporaneamente fuori e dentro.
E a te, avrei raccontato.
 - "Ho visto quei due alberi con i loro tronchi pieni di rughe e nodi, tronchi dai tratti saturi, diversi da tutti quelli visti fino ad oggi. Un tappeto frusciante dipinto di piccoli petali secchi dal verde tiepido, sbiadito come il cotone leggero della bambina e la sua treccia. Un vento artificiale soffia su entrambe le cose filmandole. La luce è pallida e troppo velata. Una tela visibile, dalla trama immaginaria."
Però forse, anche allora, ti avrei scritto tutto su un bigliettino ripiegato in dieci piccole parti, anche se eri dall'altra parte del tavolo.
Tu avresti letto le mie parole grondanti di me, volevi così tanto leggerle. Dare un peso ad ogni singola cosa, a una virgola, a un maiuscolo, a un articolo.
Ecco ora penso alle parole di oggi, a quelle dette, e alla loro indecifrabile tristezza. Perchè mai ci costringiamo a certi dialoghi in cui nulla viene mai veramente da noi, a un'ironia svenduta.
Quello che sappiamo fare, che io riesco fare, è produrre piccole variazioni di luce o di direzione, di suono. Scrivere parole, senza per questo dirle.
Come farsi spiare da chi vorrebbe capire, lasciarsi solo sospettare. Come si fa quando si muore per conoscersi. Questo.
E questo, solo questo, può anche cambiare la vita di qualcuno.

3 commenti:

giorgiospignese ha detto...

non capisco bene il perchè.
continuo a tornare qua ,
e mi ci perdo
grazie

Chiara ha detto...

"Come farsi spiare da chi vorrebbe capire, lasciarsi solo sospettare. Come si fa quando si muore per conoscersi"
Complimenti, scrivere questo è andare oltre perchè si è già avanti.
Ancora un plauso e un assenso.
Chiara

Elena ha detto...

Chiara
Le barriere del linguaggio mi appaiono sempre più spesso insormontabili
Vorrei sapermi abbandonare alla poesia

Ciao e grazie


Giorgio
Libero di perderti, quando vuoi
Ciao


Elena