26/07/10

Segreto

Come potrei spiegare la mia intermittente siderale a-presenza, perché non credo di essere mai appartenuta a qualcuno - nemmeno quando ho creduto e lo volevo più di ogni cosa - più che a chi sente fin dalle origini della propria coscienza di avermi perduto. Forse si tratta di incommensurabile orgoglio mentre mi sento umiliata, e di temibile forza mentre esibisco le mie fragili ossa. Come poter tradurre il mistero attraverso i deboli simboli offerti dal linguaggio. Sarebbe come dare ragione della sensualità incarnata nella voce del violoncello, o della trasparente spiritualità liberata dalla violenza ossessiva dei tamburi. Guardo il mare. La furia dell'io si placa nel ribollire elastico di onde gonfie di sabbia lucente. Sembra che il martellante reclamare dell'individualità si disciolga in questo sguardo-sollievo, o che sia l'appagamento segreto di una malizia della mente: non affermarsi, come da sempre vorrebbe farmi credere; ma disgregarsi, per caso in certe folate di umide micro-particelle, farsi acqua sarebbe il suo unico fine. Dunque nuovamente si fa strada nel mondo e ritorna e ritorna sempre nuovo alle narici delle anime, quel dolce familiare delizioso profumo di morte.

2 commenti:

Ettore Fobo ha detto...

“Tradurre il mistero attraverso i deboli segni offerti dal linguaggio” è proprio così, è la fatica di tutti. Bataille scrive “ essere come acqua nell’acqua”, ed è proprio la disgregazione ciò che si cerca, una dissolvenza in una dimensione estatica, a cui le tue parole fanno riferimento così bene. Cosa ci aspetta oltre le farneticazioni dell’io, se non questa dimensione in cui la parole sono labirinti in cui smarrirsi è bello? Ciao, leggerti è un viaggio.

Elena ha detto...

Ciao Ettore. Ieri stavo per scriverti su Sylvia Plath, poi mi sono mancate le parole, perché avevi già detto così tanto e perché comunque restiamo invischiati in questo tema, l'indicibile, il mistero, lo smarrimento.
Acqua nell'acqua. E' bello.