13/04/10

Le cose


Ieri ho aperto una birra. Ho letto nuove pagine della signora Dalloway. Le cose, l'immobilità, la fissità dell'oggetto, così reale da far paura, chi non l'ha mai provato almeno una volta. Lo sguardo si posa, non si fa capace di quella assurda solidità, della concretezza, la paura sale. L'oggetto si impone alla coscienza, disgrega la scelta. Perchè non un bicchiere di vino? Si suggeriscono. Ma no. Serviva il freddo amaro e sferzante della schiuma. Mare. La lingua si ritrae ma solo un istante prima di arrotolarsi beata in quello spreco di giovinezza acuminata. Forse ho capito, ma solo ora. Wallace è birra, Pennac è vino.

4 commenti:

Gioacchino ha detto...

Tu vedi, filtri e traduci senza dare spiegazioni: affermi di non capire, ma mai di non saper dire. Per dire e mostrare come fai tu serve, in qualche modo misterioso e sublime, aver capito molto. Così spiegano la teoria della fotografia, specialmente all'inizio, quando nasceva dal fuoco prometeico della pittura (fuori dalle accademie). Ricrei quello che c'è: è molto più che crearlo dal nulla. E' tutto nello sguardo che fissa l'oggetto, o il sentimento. La tua mente fotografa. Le cose per te sono quel che appaiono prima che la lastra delle parole le impressioni, sono nell'intenzione che senti fuori di te, forse nelle cose stesse; però esiste un legame profondo, una corrispondenza, tra te e loro, o rimarrebbero mute a farsi belle di se stesse. Tra l'altro, con ciò che scrivi restituisci loro la dignità, alle cose e ai sentimenti.

Elena ha detto...

E' così bello quello che scrivi che tutto quello che posso desiderare è di somigliargli almeno un pò.
Di crearlo quel legame se non esiste, nella realtà, e di viverlo. Quello che voglio davvero è crederci, ciecamente.

Pierluigi ha detto...

Sarà per questo che ho letto ogni cosa di pennac e non riesco a leggere wallace? Eppure la birra mi piace, eppure c'è birra e birra.

Elena ha detto...

Pennac è rassicurante, Wallace per niente. Non c'è da sorprendersi della fatica che si fa a leggerlo e anch'io dopo aver letto e lasciato le ultime duecento pagine di Infinite Jest, ora lo leggo a piccole dosi. E sai anche con quali risultati a volte, dolorosi, rabbiosi, quasi assurdi.
C'è birra e birra. C'è mare e mare.
A me servono i mari e le colline. A me serve capire dove mi trovo. E non sempre mi riesce facilmente.
Ma so riconoscere una voce calma. Una mano grande, e ferma.