22/03/10

Lo sguardo

Un passo da fuori sono dentro il perimetro, le mura impregnate di suoni e odore di tempo, i soliti echi in sottofondo. Chiudo la porta, varco subdolo di uno schema mentale. Mi rendo subito conto che la disposizione degli oggetti oh così tremendamente familiare soffoca senso e immaginazione, congela la fluidità del pensiero, cancella la capacità di oltrepassare anche solo teoricamente i limiti segnati dalla linea delle pareti, dal modello per lo più immutabile dello spazio circostante. Eppure guardare gli oggetti con sospetto è sempre possibile. Provo. Fisso i miei libri a lungo: non so chi siano. Mi sposto, la venatura di un sostegno, una cornice insipida, il graffio di un vetro, la grana del muro, lo schermo polveroso di un monitor, oggetti di un viaggio americano, il manico inerte di una borsa, tutto mi afferra instillandomi nuova coscienza del suo esserci. L'effetto è di spalancare una finestra mai esistita.
Le stanze hanno un loro carattere, un significato. Spostando i volumi, eliminando il superfluo, aggiungendo tutto l'inutile indispensabile al flusso cocente dell'anima, sfumando e disgregando il colore della luce, quante possibilità ignorate si delineano.. Eppure il solo fatto di considerarle richiede una tale sfrontatezza. L'intera capacità critica si infrange contro le paratie calcificate dello schema: dai vapori di scarto dello sforzo profuso, anestetico più di un metadone, in pochi istanti riemerge il rassicurante panorama asfittico dei giorni sui giorni. Ci sono dentro. L'ultima cosa che riesco a sentirmi dire è non fidarti, ricordati fuori, il sospetto. L'attimo è trascorso.

3 commenti:

Gioacchino ha detto...

Io non voglio uno spazio in cui vivere, voglio uno spazio che esista perché ci sono io, proprio io. Io e gli altri. Non mi piace rispondere alla domanda "Dove vivi?. Hanno più senso: "Come vivi", "Con chi vivi". Al momento io vivo come in un sogno, felicemente. Vivo altrove, in attesa.

Elena ha detto...

Mi piace e vorrei fare in modo di poter guardare e toccare e odorare le cose che ho intorno non per riuscire a cambiarle, ma come se ogni volta facendolo, questo potesse cambiare me.

Gioacchino ha detto...

Sì, ho capito cosa intendi. Significherebbe riappropriarsi in maniera più consapevole di qualcosa che è gia nostro, che è già noi. Già lo facciamo, leggendo e rileggendo, scrivendo e lasciando bigliettini ogni volta che ci piglia la fantasia. Di sguardi così siamo generosi dispensatori e avidi esattori.