12/03/10

Identità

"Si manteneva bene, era vero; e aveva delle belle mani e dei bei piedi; e vestiva bene, considerato il poco che spendeva. Ma spesso questo corpo che portava (si fermò a osservare un dipinto olandese), questo suo corpo, con tutte le sue facoltà, le sembrava non valesse nulla - proprio nulla. Ebbe la curiosa impressione di essere invisibile; non vista; non conosciuta; e non c'erano né matrimonio, né figli, ma soltanto quella stupefacente, e piuttosto solenne processione insieme con tutti gli altri, su per Bond Street; e questo era essere la signora Dalloway, non più Clarissa, ma la moglie di Richard Dalloway."

(Virginia Woolf, La signora Dalloway)

7 commenti:

Amfortas ha detto...

Solo saltuariamente, nella vita, si può esistere come un'appendice di altri, siano familiari, siano amori diversi.
Può essere gratificante per un periodo anche lungo, poi scatta il desiderio d'identità che è molto simile a quello di sopravvivenza.
Ciao Elena.

Elena ha detto...

Sopravvivenza. Non un capriccio. Nè uno stato di cattiva salute mentale, che viene d solito indicata come la causa del desiderio di identità, può risolversi negando la leggittimità del desiderio stesso, o della sua qualità.
Ciao Amfortas

Elena

Gioacchino ha detto...

"Dobbiamo anche, lentamente, imparare ad abbandonare quel cardine del pensare, del conoscere e del rappresentare su cui ha ruotato gran parte del logos occidentale dai tempi di Parmenide: il principio della differenza, che fa sì che tutto ciò che è, è perché non è qualcos’altro, e nessuna cosa può essere identica a se stessa se non è diversa, se non si distingue, se non è una determinazione che suppone una negazione. [...] In Oriente, afferma Panikkar, domina invece il principio dell’identità, quella di un dettaglio sufficiente a se stesso ad esempio, o di un punto senza dimensioni né determinazioni, che non ha bisogno di distinguersi da nient’altro per essere il punto che è." Cito da qui .

Gioacchino

Elena ha detto...

Ciao Gioacchino.
Non ho ancora letto l'articolo, il tuo link. Ho un pò di tempo ora, lo farò. Ma anche così credo che potrei riassumere il significato stesso di ricerca in quella di un dettaglio sufficiente a se stesso per essere ciò che è. E' tutto ciò che mi serve intravedere nell'altro, e che devo necessariamente tirare fuori da me.

Elena

Emilia ha detto...

Virgilia Woolf trovo che renda in questo libro molto bene l'annullamento per lo meno della ricerca di se stessi nell'identità che la società ti vuole attribuire. E' la "rinuncia" che molte donne, ma non solo hanno fatto da sempre. Non è facile cercare se stessi, ma è appunto una "ricerca" che abbiamo, io penso, il dovere di fare non solo per noi stessi, ma per esprimenere la molteplicità che viene soffocata e troppo sepsso irrigimentata.
Un abbraccio

Elena ha detto...

E' il collasso di se stessi in un ruolo, ma il nucleo resta, vivo e imbrigliato, all'interno. Non del tutto, perchè più volte nella prima metà del libro (oltre non so, lo scoprirò), nonostante un fare e un dire decisamente ordinario come sottolineato più volte da V.W., la signora Dalloway non fa che sprigionare una "luce", far vibrare l'aria della sua sola presenza. Della sua coscienza, forse.
Ciao Giulia

Elena

Emilia ha detto...

Sono d'accordo Elena ed è proprio questa luce, che nonostante tutto viene fuori, che, mi pare, faccia sentire ancora di più la prigione in cui si è o l'hanno chiusa.