05/03/10

Identità

"La nostra stessa anima ci è ignota, figuriamoci l'anima degli altri. Gli umani non vanno insieme tenendosi per mano lungo tutto il loro percorso. C'é una foresta vergine in ciascuno, un nevaio dove neppure gli uccelli mettono piede. Qui ciascuno procede da solo e è meglio così. Sarebbe insopportabile godere sempre di simpatia, essere sempre accompagnati, essere sempre capiti. Ma nello stato di salute bisogna simulare socievolezza e sforzarsi continuamente di comunicare, civilizzare, condividere, coltivare il deserto, istruire gli indigeni, operare insieme giorno e notte per divertirsi. Nella malattia questa finzione cessa... cessiamo di militare nell'esercito della rettitudine, diventiamo disertori."

(Virgina Woolf , Sulla malattia)


"(...) chiunque ne avesse la possibilità ormai non mancava di marcare la sua traccia nello spazio in qualche modo (...)"

Impossibile fuggire


"Perché il rischio enorme è di cadere sotto le fascinazioni di un'immagine di sé, unica e monolitica, smarrendosi."

Strani giorni

6 commenti:

Ettore Fobo ha detto...

Bisogna essere disertori, e a volte buttare a mare la maschera della socievolezza, diventare cinici davanti alla mediocrità della comunicazione socialmente imposta,e smettere di coltivare deserti, per abbandonarsi realmente alla solitudine di chi, conoscendosi, spesso si abiura. Ciao, Elena.

foon

Gioacchino ha detto...

"Nihil vincitur, nisi aptissime praeparatum, quia fulgor ille non eodem omnibus communicatur modo."

"Niente può vincolarsi se non è già propriamente a quel vincolo predisposto: è un lampo di luce che non a tutti si comunica allo stesso modo."

Giordano Bruno, "De vinculis in genere", 33, 1

Anonimo ha detto...

Che gran rottura di palle la solitudine. E non ho capito cosa intende per malattia. Diventiamo disertori? Ma quale tipo di malattia?

(oil)

Elena ha detto...

La solitudine è necessaria come la libertà. Senza, non ci sarebbe niente da condividere, da dire o da sperare. Ciao, Ettore.
E' per questo che mi parli di vincoli, Gioacchino? E' quel fulgor però a catturarmi. No, non è un percorso razionale, non sempre lo è, non rimproverarmi.
Anche non sopportare la solitudine può essere una forma di malattia. Le domande che fai sono tante oil, e io non ho risposte, sono già abbastanza impegnata a cercare le mie. Lascio tracce, indizi.

Emilia ha detto...

Dobbiamo certo essere disertori, ma possimao anche ritrovare uno "stare insieme" senza soffocarci. Io trovo molto interessanti a questo riguardo le pagine che la Arendt dedica all'amicizia.
Saper vivere nella solitudine per dialogare con se stessi e con il silenzio è necessario, ma non bisogna, a mio avviso, neanche disdegnare la ricerca di modi autentici di "stare insieme".

Elena ha detto...

La solitudine è necessaria, un diritto, un'esigenza, una fame quasi, se ti viene sottratta, una violenza inaudita. Attimi di solitudine per ascoltarsi, preservare un nucleo interiore autentico da poter coltivare, e poi condividere "liberamente", con chi è curioso, vivo.