04/08/09

Sogno

Non gira, la chiave non gira.
Sbuffo un pò restando così sul blocchetto, cercando un'idea tra i pensieri. Non sono troppo dispiaciuta.
Alzo gli occhi, c'è un riflesso strano sul vetro, un ticchettio. Piove.
Apro lo sportello e chiudo gli occhi nell'aria grigia. Il respiro è così efficace. E' l'odore dell'acqua, del vapore fresco, del tempo svuotato. Di oggetti nuovi e inutili messi in bell'ordine a prendere vento e scrosci intermittenti lì sulla terra morbida. Prendo tutte le cose che ho e le metto in fila sotto un albero grondante, mi siedo e resto a guardarle, finchè le vedo scomporsi, franare da un lato, sporcarsi di schizzi di fango, perdere il loro aspetto esatto e nuovo per guadagnarne uno luccicante di pioggia, di foglie cadute e capelli bagnati, più simile a me. Ora va bene, c'è arte. Mentre incrocio le gambe ridendo, mi volto: sulle foglie lucide d'arancio cammina qualcuno. Cosa faccio lì in piedi vicino alla macchina? Mi vedo mentre guardo in direzione dell'albero. Sembro perplessa, forse spaventata e non so perchè. Fisso anch'io gli oggetti e ne capisco la ragione: è per la borsa rovesciata sull'erba e mezzo allagata dalla pioggia e dal fango. Il telefono sembra agitarsi in mezzo alla terra: sta squillando. Tendo la mano, sono curiosa di sapere da chi proviene la chiamata, ma mi vedo mentre mi sporgo oltre me e mi accuccio affondando una mano nella terra per prendere il telefono. Cerco di guardarmi negli occhi per capire chi sia, ma non afferro lo sguardo, che si perde oltre le nuvole. Mi accorgo che mentre rispondo ho un sorriso triste, mi sento dire: "Vorrei davvero che vedessi cosa sta accadendo qui". Sto chiudendo la chiamata, sembro tranquilla. Lascio cadere il telefono per terra e mentre mi pulisco la mano infangata sui jeans, mi volto, mi butto alle spalle le chiavi della macchina e sparisco nel bosco.

2 commenti:

Solimano ha detto...

Quando lavoravo troppo, mi capitava, arrivando a casa, di cercare di aprire la porta usando le chiavi dell'ufficio.
Ma la cosa più buffa fu quando la chiave non girava, e io mi affannavo a cercare di capire cosa fosse successo.
Semplice: la porta era aperta.

Estrapolando un po', il mondo è pieno di porte non chiuse a chiave, che noi ci facciamo credere che sono chiuse. Così possiamo lagnarci impunemente di quanto è brutto il mondo e di quante costrizioni ci frenano. Un bel tornaconto, perché ci permette di non cambiare. Cambiare, cambiare veramente, costa.

grazie Elena e saludos
Solimano

Elena ha detto...

Le porte psichiche sono quasi sempre chiuse, il fatto che siano psichiche non significa che sia più facile aprirle, ma può bastare la parola giusta per sbloccarle, quelle reali sono spesso aperte ma a volte sono aperte solo in apparenza, perchè poi la possibilità di varcarle è solo teorica e si scontra con altri catenacci collegati alla stessa porta. Può far comodo sentirsi in trappola in certi casi. La libertà è un carico a volte fin troppo pesante di responsabilità.
Ciao a presto,
Elena