26/08/09

Alcune cose su Infinite Jest

Sono al centro di Infinite Jest. Non ce la farò mai a scrivere un commento completo su questo stordimento letterario che ti sbatte in faccia la lotta contro la percezione dello schifo derivante dal comprendere di vivere un'esistenza da schifo, non solo perchè in rete non manca certo chi l'ha già fatto e certamente meglio di quanto potrei mai fare io, ma anche perchè ho i pensieri anche in altre letture, in altre cose. Forse cambierò idea, intanto mi voglio chiedere, come mi sto chiedendo fin dalle prime pagine, il perchè di tutte quelle "Note ed errata corrige", di quel tipo di note, di cui errata corrige fino a questo momento - lette seicentotrentaquattro pagine e duecentoventidue note tra le quali una sola, la ventiquattro, lunga cinque pagine di filmografia, quella allucinata e allucinante di James Incandenza e la centodieci, lunga ben diciannove pagine - nessuna. L'impressione è che le note siano appunti, li vedo lì, scarabocchiati a mano da Wallace sulla stampa provvisoria del manoscritto, o il risultato delle sue ricerche di biblioteca, come nel caso della elencazione maniacale pseudo-scientifica delle Sostanze, centinaia di anestetici e faramaci usati come stupefacenti e i loro effetti. Per tornare alla filmografia invece, l'ho letta come una lista di possibili tracce stralunate per scritti futuri, saggi, opere letterarie dalla natura difficilmente definibile. O incubi visionari.
Senza voler dire per ora del tennis e delle sue regole, del meccanismo del gioco come metafora esistenziale che richiederebbe uno studio a parte, c'è questa strana propensione a trattare le deformità fisiche umane e a scandagliare gli aspetti psicologici del soggetto sociale deforme, le affinità tra le deformità fisiche e psichiche. Le deformità possono essere repellenti per eccesso di bruttezza e stupidità o di perfezione, fisica e intellettuale. Il protagonista di queste prime seicentocinquanta pagine comunque è il Disagio, la depressione, il Ragno, il mostro che si insedia nella mente degli esseri umani quanto più sono (spesso inconsapevolmente) intelligenti, intellettualmente attivi: coloro che identificano il loro intero essere con la propria mente. Il Disagio è ciò che determina il consumo delle Sostanze, dell'alcol, di tutto ciò che si impossessa della volontà. Compreso un tipo particolarmente sofisticato di prodotto da Intrattenimento, un sistema scientificamente progettato per la videostimolazione dei recettori cerebrali del piacere. E' sufficiente vederne un solo fotogramma per non poterne più fare a meno, per rinunciare a qualunque attività anche fosse legata al sostentamento. Per rinunciare alla propria vita. Il Disagio fa questo, afferra le redini della volontà, e le affida alle Sostanze. E con ogni probabilità, conduce al suicidio. Infinite Jest sembra, è, tutto ciò che c'è da sapere sul perchè una persona, una persona come D.F.Wallace ha pensato a un certo punto della sua vita che l'unica cosa che voleva, era smettere di giocare.


La sensazione

"Non volevo farmi del male. O diciamo punirmi. Io non mi odio. Volevo solo chiamarmi fuori. Non volevo più giocare, tutto qui." (...)
"Volevo solo smettere di essere cosciente. Io sono un tipo del tutto diverso. Volevo smettere di sentirmi come mi sentivo. Se avessi potuto semplicemente infilarmi in un lunghissimo coma, l'avrei fatto. O darmi una scarica di elettroshock, avrei fatto così".
L'interno stava scrivendo con grande impegno.
"L'ultima cosa che volevo era altro dolore. Solo non volevo più sentirmi così. Non credo... non credevo che quella sensazione se ne sarebbe mai andata. Non lo credo. Non lo credo neanche ora. Preferisco non sentire niente piuttosto che questo".
Gli occhi del dottore sembravano astrattamente interessati. (...) "Questo sentimento di voler smettere di sentire attraverso la morte, allora è -".
"Il modo in cui lei improvvisamente scosse la testa era veemente, esasperato. "Il sentimento è il perchè voglio morire. Il sentimento è la ragione per cui voglio morire. Sono qui perchè voglio morire. Ecco perchè mi trovo in una stanza senza finestre con le gabbiette sulle lampadine e la porta del bagno senza serratura. Ecco perchè mi hanno portato via i lacci delle scarpe e la cintura. Ma ho notato che quella sensazione non la portano via, però, vero?"


L'apparato

"Io sono lì ed esito. L'intera visione è quasi troppo complicata per provare a comprenderla tutta insieme. E' semplicemente enorme. E c'è un pubblico. Una folla silenziosa vestita dei colori agrumati dell'estate, immobile ed estremamente attenta, si materializza a quella che potrebbe essere la periferia del campo. Un battaglione di giudici di linea vigila in giacche sportive e cappelli da safari, le mani incrociate sulla patta dei pantaloni. In alto sopra le loro teste, vicino a quello che potrebbe essere il palo che regge la rete, c'è l'arbitro in giacca blu che sussurra Giocate nel microfono collegato al sistema d'amplificazione del suo seggiolone altissimo. La folla, immobile e attenta, è un quadro. Ruoto lo strumento nella mano e faccio rimbalzare sul campo una palla gialla nuova. Cerco di capire dove dovrei tirare il servizio in tutto quel casino di linee. Riesco a individuare nelle gradinate di sinistra il parasole bianco della Mami; è così alta che il suo ombrellino torreggia sui vicini di posto; siede in un piccolo cerchio d'ombra, i capelli bianchi, le gambe incrociate, e tiene alzato uno dei suoi pugni delicati, chiuso a dimostrare il suo incondizionato sostegno. L'arbitro sussurra Giocate Per Favore. Si può dire che giochiamo. Ma in un certo senso è tutto ipotetico. Perfino il "noi" è teoria: non riesco mai a vedere bene l'avversario, per via di tutto l'apparato del gioco."


Note

24
Cage (Gabbia). (...) Parodia soliloquizzata di una pubblicità radiotelevisiva di shampoo, che utilizza quattro specchi convessi, due specchi planari, e un'attrice. NON DISTRIBUITO.

(...)

Tennis, Everyone? (Tennis, per tutti?)
(...)

There Are No Losers Here (Qui non ci sono perdenti)
(...)

As of Yore (Come un tempo) (...) Un istruttore di tennis di mezza età che si prepara ad allenare suo figlio, si ubriaca nel garage di famiglia e sottopone il figlio a un monologo sconnesso mentre il figlio piange e suda.

(...)
Sorry All Over The Place (Del tutto spiacente). Non finito. NON DISTRIBUITO.
(...)

(D.F.Wallace, Infinite Jest)


(Qui>> una nota di Roberto Natalini su I.J.)

10 commenti:

Gioacchino ha detto...

Le note hanno una natura ambigua. Puo trovarle ovunque: saggi, edizioni critiche, prodotti farmaceutici... Se sembra che non siano presenti, magari sono camuffate da digressione, parentesi, intervento diretto del narratore nella trama di un romanzo. Adoro tutto questo, l'insicurezza malignamente insinuata da un'apparente tentativo di facilitare la lettura, la patina di falsa obiettività che ricopre il personale affondo di un autore nella struttura mimetica di un romanzo, la stratificazione di livelli di lettura e di significato creata dai rimandi, le notizie o le ipotesi sulla genesi di un'idea, la menzogna che giustifica la menzogna della letteratura o della lettura. Tutto ciò, non si stancano di chiamarlo post-moderno, ma c'è già nel "Tristam Shandy" o nel "Tom Jones", ne "I promessi Sposi" (basta una lettura parallela delle diverse edizioni) e nelle "storie di storie" degli epitomatori medievali. Da quel che dici sembra che in Wallace soggettivo e oggettivo, autore e narratore, nota e romanzo, si scambino i ruoli e che la vita giochi pericolosamente con il tentativo di sublimarne le sofferenze nella finzione narrativa. Un caso molto diverso dagli abili scrittori di mestiere e prosivendoli di ieri e di oggi.

Gioacchino

Elena ha detto...

Ciao, Gioacchino, lo sai, il rapporto così ambiguo tra le note e il testo, quando alcune note sono veri capitoli che rimandano ad altre note che riguardano futuri capitoli, tentare di capire il perchè e l'origine e lo scopo di tutto questo sistema è ciò che mi sta facendo faticare, più della lettura in sè, comunque complessa, con i personaggi che appaiono slegati tra loro ma non lo sono, e anticipano cose che dovresti poi tornare a leggere dopo due o trecento pagine perchè certamente non avevi capito niente ma poi invece dienta tutto chiaro. Ma a parte questo che non costituirebbe di per sè niente di veramente nuovo, c'è poi la sofferenza che impregna anche le fibre della carta, nonostante l'apparente ironia ostentata nel tono generale, che è paradosso, e sono stilettate contro l'assurdo di tutto l'apparato in cui ci troviamo a muoverci, e ti rendi conto che la finzione narrativa è un pretesto, è un tentativo di sublimare qualcosa di insostenibile, tentativo che non è riuscito un gran che tra l'altro per wallace persona e molto bene invece a wallace scrittore, e dimostra quanto è pericoloso il gioco di cui parli.
elena

p.s. grazie, perchè i tuoi commenti sono sempre pieni di riferimenti, di cose, da tenere a mente.

Roberto ha detto...

Ciao Elena,
forse le note sono un po' difficili da seguire, ma non ti scoraggiare. Spesso il romanzo è lì. Wallace ha creato un opera in cui voleva che il lettore partecipasse, anche mettendo in discussione i presupposti dell'autore.

In ogni modo in realtà di errata, o meglio di punti di vista alternativi rispetto al testo ce ne sono tantissimi. Per esempio il narratore delle note non sa, nella nota 27, l'origine dell'espressione "Hope" per la marjuana, ma Kate Gompert nel testo si. La nota di Eschaton è chiaramente scritta da Hal su dettatura di Pemulis. E spesso il narratore delle note precisa che le parole riportate nel testo non sono quelle usate "veramente" dai personaggi.

Comunque, a me questo romanzo è piaciuto molto. Un commento abbastanza Spoiler free scritto da me lo puoi trovare qui: http://docs.google.com/View?id=dhgfcqm2_79chhm3jhr
Buon proseguimento. r

PS: a me il film che ha fatto più ridere di JOI e'
Cage III — Free Show. B.S. Latrodectus Mactans Productions/Infernatron Animation Con­cepts, Canada. Cosgrove Watt, P. A. Heaven, Everard Maynell, Pam Heath; partial animation; 35 mm.; 65 minutes; black and white; sound. The figure of Death (Heath) presides over the front entrance of a carnival sideshow whose spectators watch performers undergo unspeakable degradations so grotesquely compelling that the spectators' eyes become larger and larger until the spectators themselves are transformed into gigantic eyeballs in chairs, while on the other side of the sideshow tent the figure of Life (Heaven) uses a megaphone to invite fairgoers to an exhibition in which, if the fairgoers consent to undergo unspeakable degradations, they can witness ordinary persons gradually turn into gigantic eyeballs. INTERLACE TELENT FEA­TURE CARTRIDGE #357-65-65

Elena ha detto...

Ciao Roberto, benvenuto. Ci sono diversi motivi per cui non esiste alcun pericolo che io possa scoraggiarmi in questo, come in altri casi che riguardano la letteratura. E' spesso una sfida, ma è un lavoro a cui mi sottopongo volontariamente, di cui ho necessità potrei dire, perchè niente al mondo ad oggi mi ripaga di più di ciò che ottengo al termine dello sforzo. Naturalmente la fatica di cui parlo non ha niente a che vedere con la noia o con una lettura a tutti i costi di qualcosa di tremendo magari solo perchè molto sponsorizzato o universalmente considerato interessante. Parlo di lavoro, stimolo intellettuale, e piacere. Queste cose devono in parti variabili da caso a caso, coesistere. Il caso di Infinite Jest è particolare perchè mi sono avvicinata a questo scrittore con una manovra cauta di accerchiamento, partendo dalla rete, aspettando che calasse l'effetto notizia del suo suicidio, e leggendo qua e là note e recensioni. Un giorno poi La ragazza dai capelli strani mi ha chiamato da uno scaffale, e naturalmente a seguire sono approdata qui. In ragione, soprattutto, degli stralci di interviste a Wallace pubblicate in fondo ai racconti.
Sta piacendo molto anche a me Infinite Jest, ma ammetto che una dose massiccia di interesse per questo lavoro deriva dal desiderio di comprendere i risvolti si letterari ma anche esistenziali di un'intelligenza che si manifesta estremamente complessa, almeno quanto lo è il mondo reale in cui ci muoviamo.
Per quanto riguarda le errata corrige, ciò che intendevo è che si tratta di una sorta di false precisazioni, di rimandi che non servono a chiarire realmente qualcosa, quanto a mescolare ulteriormente le carte e le considerazioni sui dialoghi e soprattutto su chi e perchè li porta avanti in un certo modo. Tra i titoli dei film della famosa nota 24 ce ne sono alcuni che mi hanno strappato vere e proprie risate. Con un retrogusto inquietante però..
Grazie Roberto, ciao
Elena

p.s. la tua nota è molto molto interessante ed esplicativa, grazie, spero non ti dispiaccia se la linko sul post..

Roberto ha detto...

Naturalmente saprai che è in corso una lettura colletiva on-line di IJ che si chiama Infinite Summer. Trovo che i commenti sul sito http://infinitesummer.org/ siano molto interessanti, in particolare a me sono piaciute queste riflessioni:
http://infinitesummer.org/archives/215
http://infinitesummer.org/archives/148
http://infinitesummer.org/archives/277
Esiste anche un forum, pieno di contributi interessanti (alcuni anche miei, il mio namesake è robbi60):
http://infinitesummer.org/forums/

Per leggere IJ è utile avere dei riferimenti. Oltre al libro di Greg carlisle (in Inglese) "The Elegant complexity" (molto bello), puoi usare i riassuntini pagina per pagina: http://dfw-ij.blogspot.com/
Una guida scena per scena è qui: http://faculty.sunydutchess.edu/oneill/infinite.htm
(i riferimenti sono all'edizione americana, ovviamente...).

Il sito principale su David Foster Wallace:
http://www.thehowlingfantods.com/dfw/

E se poi vuoi un po' di foto:
http://picasaweb.google.com/BarbaraWarrenMS/DavidFosterWallace#

Ma ora mi fermo che potrei continuare per ore...
Ciao e buona lettura. r

Elena ha detto...

Beh grazie davvero Roberto, tante tante informazioni interessanti

Elena

Lars W. Vencelowe ha detto...

A commentare Infinite Jest ho rinunciato da un pezzo. Troppo complicato, per me. Ho avuto l'impressione di trovarmi davanti ad un'enorme chiazza che si allargava sempre di più man mano che procedevo nella lettura, impossibile da contenere o anche solo da delimitare. Quello che posso dire, citando alla rinfusa dai miei appunti è questo: intanto l'assenza di punti di riferimento, che già di per sè è "spiazzante".Non c'è un protagonista unico attorno al quale ruota la trama ma tante figure diverse con le loro personalità che tracimano in ogni direzione. E poi la varietà infinita di argomenti, divagazioni, temi e metafore da far girare la testa.
Qual'è il tema di IJ? La dipendenza, senza dubbio, ma verso pag. 678 ho scritto che forse poteva anche essere la speranza, a pag 769 ho segnato ossessione ed a pag 835 ho appuntato solitudine, anedonia e depressione. In sintesi: IJ mi è sembrato un grande viagio, dove ognuno cerca il suo modo per sopravvivere alla vita e comunque, per dirla con Carver "una prosa assolutamente onesta sull'uomo, senza trucchi da quattro soldi".
Lars

Elena ha detto...

Caro Lars, più di una volta durante la lettura mi sono tornate in mente le tue parole quando hai parlato di Infinite Jest come di qualcosa di definitivo oltre il quale non c'è più nulla (cito a braccio, perdonerai mie possibili imprecisioni). Le condivido, pienamente, anche a lettura non ancora ultimata.
Un caro saluto
Elena

Anonimo ha detto...

Lo so, lo so, dovrei contribuire con un commento serio... ma devo dirla, questa. Nella borsa, DFW IJ? Ma, Elena, giri col trolley??? :)
bea

Elena ha detto...

Ciao Bea, in effetti vengo derisa continuamente per i mattoni che mi porto dietro.. E devo dirti che nella mia (seconda) borsa dei libri, non c'è "solo" Infinite Jest, ma anche Doppio sogno di Schnitzler, nonchè l'immancabile taccuino degli appunti... Non un trolley, ma una borsa molto molto resistente..
Elena