29/07/09

La gabbia

(Maurizio Castè)


Questo brano ha risvegliato in me il ricordo di un quadro, lo avevi dipinto tu, caro Maurizio, un uomo in una gabbia in mezzo a un niente, un niente bianco, ne sono quasi certa. E' un peccato che non abbia la possibilità di metterlo qui.
Aggiornamento: il quadro è magicamente comparso sulla mia casella di posta. E io lo inserisco, subito.


"Al velo si oppone la gabbia. Forma apparentemente semplice, senza astuzie, tagliata secondo un rapporto di forza dove tutto è già giocato: qui il vinto, là dappertutto, tutt'intorno, il vincitore. La gabbia, tuttavia, ha delle funzioni multiple: vi si è nudi poichè la trasparenza esiste senza scampo nè nascondiglio possibile; con uno squilibrio proprio a questo spazio chiuso, l'oggetto è sempre, per i carnefici, a portata di mano, mentre essi restano inaccessibili; si è lontani dalle proprie catene, imprigionati all'interno di un'intera latitudine di gesti nessuno dei quali è fisicamente impossibile, ma d'altra parte nessuno di quei gesti ha il minimo valore di protezione o liberazione; la gabbia è lo spazio dove si mima la libertà, ma dove la sua chimera, in tutti i punti che lo sguardo percorre, è annullata dalla presenza delle sbarre. L'ironia del velo è un gioco raddoppiato; quello della gabbia, un gioco disinnescato. Il velo, perfidamente, fa comunicare; la gabbia è, apertamente, la figura della separazione senza mediazione: il soggetto è fianco a fianco con l'oggetto, il potere è fianco a fianco con l'impotenza."


(Michel Foucault, Scritti letterari, Un saper così crudele)

2 commenti:

Antonio ha detto...

molto bello davvero

ciao

Elena ha detto...

Si, lo penso anch'io

ciao