16/06/09

Sporgendosi dalla costa scoscesa


"Come potrai tenerle dietro, a questa donna che legge sempre un altro libro, in più di quello che ha sotto gli occhi, un libro che non c'è ancora ma che, dato che lei lo vuole, non potrà non esserci? Il professore è lì alla sua scrivania; nel cono di luce d'una lampada da tavolo affiorano le sue mani sospese o posate appena sul volume chiaro, come in una carezza triste.
- Leggere, - egli dice, - è sempre questo: c'è una cosa che è lì, una cosa fatta di scrittura, un oggetto solido, materiale, che non si può cambiare, e attraverso questa cosa ci si confronta con qualcos'altro che non è presente, qualcos'altro che fa parte del mondo immateriale, invisibile, perché è solo pensabile, immaginabile, o perché c'è stato e non c'è più, passato, perduto, irraggiungibile, nel paese dei morti...

- ... O che non è presente perché non c'è ancora, qualcosa di desiderato, di temuto o impossibile, - dice Ludmilla, - leggere è andare incontro a qualcosa che sta per essere e ancora nessuno sa cosa sarà... - (Ecco ora vedi la Lettrice protesa a scrutare oltre il margine della pagina stampata lo spuntare all'orizzonte delle navi dei salvatori o degli invasori, le tempeste...)
- Il libro che ora avrei voglia di leggere è un romanzo in cui si senta la storia che arriva, come un tuono ancora confuso, la storia quella storica insieme al destino delle persone, un romanzo che dia il senso di stare vivendo uno sconvolgimento che ancora non ha un nome, non ha preso forma..."


(Italo Calvino, Se una notte d'inverno un viaggiatore)

Affacciata al baratro dell'indeterminatezza, su un fondo umido denso di inchiostro, non tento nemmeno di calmare il capogiro nè di riportare cose ad un confine lecito falsamente definito. Lascio che il nero turbini intorno a me e ai miei vestiti di fango, agli occhi avidi e ai capelli corti lasciandomi pericolosamente incolume, più forte e affamata di senso.

Senza temere il vento e la vertigine...

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