06/05/09

Lev Tolstoj, Sonata a Kreutzer


Sono tanti i brani o le frasi che avrei estratto dalla Sonata a Kreutzer per il loro significato e per l'acutezza con cui si incuneano nella sostanza uomo a sezionarne le ipocrisie, le deviazioni, le patetiche convinzioni suggerite da una imperdonabile debolezza intellettuale, più che morale (cosa sia la morale al di fuori della chiarezza intellettuale, in verità non l'ho mai capito). Avevo già scelto questo splendido brano sulla musica perchè a mio parere è uno tra i più rigogliosi dal punto di vista della spontanea espressività letteraria, qualità che nelle tante altre angosciate elucubrazioni in cui si dipana questo lungo monologo quasi teatrale, risulta coperta da uno strato neanche tanto leggero di polvere predicatoria, che assimila il discorso a una specie di sermone. Certo la postilla al romanzo scritta dall'autore, ha un peso specifico in questo senso che non avrebbe avuto se scritta da altri, e bisogna riconoscerlo.

Nel romanzo la questione centrale, immersa in un meraviglioso pathos russo, sono i rapporti tra uomo e donna, il matrimonio, l'educazione dei figli, ma soprattutto l'idea stessa di donna, quella che ne ha l'uomo e anche quella che ha la donna di sè stessa. La modernità della sua analisi non può che generare ammirazione e sconcerto. Ci si sente davvero smascherati di fronte a certe affermazioni, che si spingono ben lontano se riescono a far sentire a disagio chi legge oggi, pur essendo state pubblicate per la prima volta nel 1891. Se Goethe quasi un secolo prima proponeva il matrimonio a termine per esseri umani irrimediabilmente in balìa delle affinità elettive, Tolstoj nella postilla sconfessa completamente l'idea stessa di matrimonio, definito una "copertura" introdotta dalla dottrina ecclesiastica solo per giustificare - sostiene - l'incapacità umana di praticare l'astinenza, l'un
ica vera via verso la purezza, e l'ideale di amore nel senso cristiano del termine.

Manca qualcosa in questo romanzo per sentirsi liberi da suggestioni a dir poco inclementi verso il genere umano, un alter ego gentile, un interlocutore che non si limiti ad ascoltare lo sfogo di un uomo disilluso, e dia voce anche alla parte di umanità che esisteva anche allora come oggi, che nella capacità di elevarsi dell'uomo, nella poesia, nei sentimenti slegati dall'istinto animalesco e nell'arte crede ancora e vuole continuare credere. La demolizione senza appello dell'arte è una delle pagine che curiosamente ho avuto più problemi a digerire. Nessuno tocchi l'Arte potrei dire. Evidentemente credo ancora nelle affinità elettive...

Lev Nikolaevič Tolstoj era un filosofo oltre che uno scrittore e drammaturgo, un uomo severo con sè stesso in primo luogo, circa il rispetto dei profondi princìpi etici a cui si ispirava. E come è destino che accada forse a tutti gli uomini di elevatura straordinaria, doveva sentirsi sempre più solo e lontano dal resto dell'umanità, proprio in virtù di quella dote particolarmente sviluppata, che genera sempre intima sofferenza nei grandi, di saperne scandagliare gli aspetti più profondi, complessi, e forse perversi.

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