24/03/09

Jane Austen, Ragione e Sentimento

Quasi terminato Ragione e Sentimento, ho un'idea un pò più precisa del punto di vista di Jane Austen, rispetto a quanto mi chiedevo nei primi appunti. Il romanzo ruota tutto intorno all'intenzione di dimostrare che un comportamento governato dalla ragione, libero da esternazioni plateali della propria emotività, sia utile non solo a sè stessi per difendersi dalle bordate dell'esistenza ma anche alle persone vicine, che vengono in questo modo risparmiate da un aggravio di sofferenza riflessa. Anche se chi pratica questo difficile autocontrollo rischia di essere considerato una persona fredda, di non provare sentimenti forti quanto coloro che usano teatralizzare le proprie sofferenze a sè stessi prima ancora che al mondo.

L'autrice è quindi certamente Elinor Dashwood, e Marianne, la sorella minore tutta emotività, il suo alter ego. Nessuna condanna da parte della maggiore diciannovenne per la minore, ma affettuosa comprensione per una persona cara che non agisce per influenzare volontariamente gli altri con il suo comportamento, ma che confonde gli atteggiamenti con la sostanza dei sentimenti, anche in ragione della giovane età e dell'inesperienza.
E' semplice e piacevole la scrittura di Jane Austen, e l'autrice curiosa e acuta indagatrice dell'animo umano e delle sue manifestazioni, anche in un contesto piuttosto ridotto. Non ci si possono attendere rivelazioni di portata filosofica o architetture complesse, e la seconda parte del romanzo mi ha lentamente trascinato verso una certa noia non apportando grandi novità rispetto all'impostazione già chiara alle prime pagine; anche l'invenzione del colpo di scena risulta piuttosto ingenua. Ma la storia è un piacevole viaggio nella vita così come scorreva tra Londra e la campagna inglese del primo Ottocento, tra famiglie i cui rapporti erano per lo più guidati dal desiderio di entrare nelle grazie dei personaggi più influenti dell'epoca e combinare matrimoni vantaggiosi per i propri familiari, fatui personaggi attenti solo a soddisfare la propria vanità, padrone di casa e giovani fanciulle senza altre aspirazioni se non quelle legate alla recita della propria parte di donna elegante e ricca, e soprattutto un contesto di rapporti familiari spesso vuoti e privi di sincero affetto su cui il comportamento delle Dashwood si staglia come un modello impeccabile di rara partecipazione e sobrietà. Eleganza e sobrietà che di certo dovevano essere elementi predominanti del carattere dell'autrice.
E che qui si stia parlando di Letteratura è fuori di dubbio. E non è poco.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bello che c'è gente che legge la Austen e ne parla. Non ho capito come funziona, ma non sono anonimo, scrivo dal blog http://terminedellanotte.splinder.com. Che è un blog di libri. Un saluto.

Elena ha detto...

Ciao, bamborino, giusto? Conosco il tuo blog credo anche di aver lasciato qualche traccia. Un blog con un bellissimo nome tra l'altro :-) La Austen, certo, e non sono davvero l'unica a leggerla, per fortuna!
Un saluto e a presto :-)